Di questa villa rustica di età romana, scavata solo parzialmente (per una superficie di circa 600 mq), si conosce solo il limite sud-orientale in quanto la parte occidentale si trova all’interno dell’area aeroportuale. Il sito archeologico fu individuato nel 1987 in seguito a lavori per l’acquedotto e fu indagato a più riprese fino al 2007.
La villa, edificata intorno alla metà del I secolo a.C., ebbe tre fasi costruttive principali e fu infine distrutta da un incendio nel III secolo d.C.
Le strutture abbandonate vennero poi ricoperte dalle esondazioni di un corso d’acqua (forse un ramo dell’Isonzo) che allora scorreva a poca distanza. La pianta a U dell’edificio era caratterizzata da una serie di ambienti disposti,a quote differenti, attorno a una corte centrale: la pars urbana, destinata alla residenza del dominus (il proprietario), era collocata a una quota più alta. Sale di rappresentanza,caratterizzate da pavimenti con mosaici policromi o con motivi geometrici bianchi/neri, si affacciavano esternamente su un portico colonnato rivolto verso la campagna o forse un giardino.
Sempre in questo settore della villa un piccolo ambiente era dotato di un sistema di riscaldamento a suspensurae, colonnine in mattoni che rialzavano il pavimento permettendo il passaggio dell’aria calda che proveniva da una vicina caldaia.
La pars rustica, in cui si svolgevano le principali attività produttive e di lavorazione dei prodotti agricoli si trovava al di là del cortile. Qui i vani avevano dimensioni più ridotte: alcuni di essi erano pavimentati con mattoncini in cotto.

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assieme all’associazione culturale Lacus Timavi
e finanziato da Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia

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