Villa del Randaccio
La villa, di cui sono stati portati alla luce 40 vani per una superficie di circa 1300 mq, si trova all’interno del parco dell’acquedotto di Trieste “Giovanni Randaccio” in prossimità delle risorgive del Timavo.
I vani dell’edificio si disponevano su tre livelli sfruttando in parte il pendio roccioso di un’altura carsica.
Lo scavo, reso problematico dalla costante risalita dell’acqua di falda, ha consentito di indagare un settore della parte residenziale della villa. Essa, fondata entro la metà del I secolo a.C., venne modificata quattro volte: in epoca augustea (27 a.C.-14 d.C.) i pavimenti delle stanze furono rivestiti da mosaici bianchi e neri con motivi a crocette, a stelle, a losanghe, a mura merlate; nella terza fase, fra la fine del I e gli inizi del II secolo d.C., la villa venne ampliata e alcuni vani furono dotati di riscaldamento a pavimento e a parete tramite intercapedini e tubi per il passaggio dell’aria riscaldata da una caldaia.
Nell’ultima fase, tra il III e gli inizi del IV secolo d.C., l’edificio, già in parteabbandonato, fu rimaneggiato con l’impianto di strutture di tipo produttivo (alcune vasche e un focolare).
Il complesso, per le sue dimensioni e per la vicinanza alla strada che da Aquileia conduceva a Tergeste, è stato interpretato come una mansio, ovvero come una delle stazioni di sosta per il riposo dei viaggiatori e dei cavalli, situate lungo le vie a distanza regolare.
Gli studiosi identificano questa mansio nella stazione viaria illustrata presso il Fons Timavi nella Tabula Peutingeriana, copia medievale di un itinerario dipinto di età romana (probabilmente della seconda metà del IV secolo d.C.).