La scoperta della villa avvenne in maniera fortuita 1955.
Ad essa a seguì immediatamente una campagna di scavi diretti dalla Soprintendenza archeologica del Veneto. Grazie a questo intervento fu messa in luce l’estremità sud-orientale della villa che risultò costruita nella seconda metà del primo secolo a.C. nei pressi della strada consolare che da Aquileia portava a Tergeste.
Gli scavi attuali, finalizzati alla valorizzazione del sito, hanno riportato alla luce la due strutture perimetrali est e sud della villa, contraffortate all’esterno da dei pilastri quadrangolari. All’interno lo spazio si suddivide in tre ambienti affacciati su una zona scoperta, tipo cortile, che presentano i pavimenti ancora in buono stato di conservazione.

liberta Peticia; Staranzano
L’area archeologica della villa di Staranzano (foto di F.Snidero)

La prima fase di costruzione è caratterizzata dall’impiego di ciottoli di fiume quale materiale da costruzione. I pavimenti sono realizzati in signino, ossia un battuto di frammenti calcarei e malta, superiormente lisciato e decorato dall’inserimento volutamente disordinato di sezioni di ciottoli e di pietre di vari colori.
In una seconda fase di ristrutturazione della villa, che potremmo datare nella prima metà del I secolo d.C., il primo ambiente viene ampliato mediante la costruzione di un nuovo muro perimetrale spostato verso sud: la tecnica impiegata è diversa, fatto che aiuto a distinguere fra le varie fasi edilizie, ed impiega oltre ai ciottoli di fiume anche frammenti di tegole di laterizio forse in parte recuperate dalla demolizione degli alzati o dei tetti riferibili alle strutture precedenti.
In questa fase, sopra la rasatura del vecchio perimetrale e sopra il precedente pavimento, ne viene steso un altro in cubetti di cotto che sulla linea di prolungamento del muro di chiusura dei vani adiacenti, lascia il posto ad un mosaico bianco-nero con decoro centrale a scacchiera. Proprio la posizione centrale del decoro, che delinea una disposizione ad “U” nel pavimento a cubetti, ha indotto ad identificare la stanza con un triclinium, una stanza da pranzo ove l’area pavimentata a cubetti veniva “nascosta” dalla disposizione, ad “U” appunto, dei letti triclinari, sui quali i romani usavano mangiare distesi appoggiandosi su un gomito.
In questa fase anche il vecchio cortile viene ampliato e pavimentato a cubetti mentre il secondo vano mantiene il signino precedente; l’ultimo ambiente indagato verso est, il terzo, si orna a sua volta di un mosaico bianco-nero con un’altra piccola scacchiera centrale.

Mosaico della villa romana della Liberta Peticia, Staranzano
Il mosaico del vano C (foto A.Re.Con snc)

La terza fase, che si distingue per una tecnica edilizia decisamente scadente e frettolosa, apporta alcune modifiche non sostanziali all’impianto.
Il primo vano è oggetto di una ristrutturazione che lo porta a cambiare di destinazione d’uso: la sala viene quadruplicata attraverso la costruzione di tre tramezzi (è probabile infatti che essi non raggiungessero l’altezza l’altezza totale della stanza, sino al soffitto) e l’ingresso si orna di una soglia in pietra che conserva l’incasso della porta.

Molto probabilmente, l’accesso diretto alle quattro celle era impedito da un aulaeum, una tenda in stoffa leggera che correva lungo la fascia di passaggio tra il mosaico ed il pavimento a cubetti: un piccolo plinto in pietra fornito di incasso per un palo, rinvenuto in posizione originaria, addossato al muro perimetrale ed in corrispondenza della fascia di passaggio è forse da collegare al suo sostegno.Durante lo scavo del 1955, il rinvenimento in questa sala di una base con dedica alla Bona Dea da parte della liberta Peticia, ha indotto a riconoscervi un sacello privato: tuttavia la datazione più antica dell’epigrafe –fine del I secolo a.C./ inizi I d.C.- prova che il culto era già praticato nella villa fin dagli inizi della sua costruzione, fatto che non impedisce tuttavia, che Bona Dea vi fosse venerata un secolo più tardi.
Probabilmente da collegare a rituali di culto è anche una piattaforma quadrangolare, intravista nel cortile all’estremità orientale dello scavo, che in via ipotetica potremmo identificare con un focolare all’aperto.


Risultati culturali e scientifici raggiunti.

Con la conclusione nel cantiere, una parte della villa romana risulta fruibile a tutta la cittadinanza.
Con la conclusione nel cantiere una parte della villa Romana risulta fruibile a tutta la cittadinanza. Un pannello didattico descrive le strutture visibili in modo chiaro e semplice con l’ausilio anche di foto e disegni. Un pannello collocato sulla strada segnala il posizionamento della villa.
L’esiguità dal finanziamento non ha permesso di portare alla luce anche i pavimenti musivi, pertanto si auspica che il futuro interventi sono rivolti a ciò, per rendere maggiormente comprensibile la distribuzione interna della villa romana.
Durante le operazioni di scavo archeologico per riportare alla luce le strutture individuate negli anni ’50, sono stati eseguiti alcuni sondaggi per verificare anche lo stato di conservazione dei pavimenti della villa al fine di preventivare i futuri interventi.
Nella documentazione al prodotta dagli archeologi, a fine scavo, sono contenute le conferme alle notizie pubblicate degli anni ’50 che verificano l’importanza della villa rustica di Staranzano.
Le strutture sono state consolidate e protette con una superficie di sacrificio, in ciottoli per quelle di prima fase e di mattoni per quelli di seconda fase. Le strutture di prima fase sono state ricoperte con un doppio corso di pietre, il primo leggermente rientrante rispetto al filo esterno per denunciare la parte nuova del paramento originale.
Quelle di prima fase sono state ricoperte da un corso di mattoni con la seguente metodologia: vista la non sufficienza di mattoni originali disponibili, questi sono stati utilizzati per proteggere i pavimenti esterni collocando verso il basso la ripiegatura a protezione del paramento sottostante. L’interno delle strutture è stato protetto con mattoni nuovi ma fatti a mano. Sono stati effettuati vari campioni di malta per raggiungere la coloritura e la composizione più simile a quella originale e più resistente nelle condizioni ambientali del luogo. I pavimenti sono stati protetti con geotessuto, sabbia e ghiaia. Il geotessuto è stato posizionato secondo pendenze calcolate atte convogliare l’acqua piovana in una zona posta a sudovest ed esterna al sedime della villa, ove è stato collocato un pozzo perdente. L’area risulta interamente recintata da una rete verde che garantisce la sicurezza al monumento ma permette a chiunque di vederlo ed è dotata di un impianto di illuminazione di sicurezza.


 

Arch. Fabiana Pieri