Mosaico della villa romana ENEL, Monfalcone

Villa presso l’impianto ENEL

Nel 1965 la Soprintendenza alle Antichità delle Venezie indagò quel che rimaneva della villa, già individuata tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento da Alberto Puschi e distrutta, nel corso della prima metà del Novecento, dalla costruzione della statale 14 e successivamente da quella della centrale ENEL.
L’indagine portò alla luce muri e pavimenti in mosaico. Di questa villa, purtroppo, rimangono solo testimonianze fotografiche: una di queste è relativa a un ambiente pavimentato con un mosaico nero a crocette bianche che trova confronti con decori simili attestati in alcune ville romane del territorio datati alla seconda metà del I secolo a.C.

Mosaico della villa romana ENEL, Monfalcone
Particolare di uno dei mosaici durante lo scavo archeologico (foto Archivio SABAP FVG)

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Mosaico dei Delfini di villa della Punta, Monfalcone, Lacus Timavi

Villa della Punta

Il grande complesso, situato sull’isola che anticamente fronteggiava la foce del Timavo, venne indagato agli inizi degli anni Settanta del Novecento.
Esso era caratterizzato da una trentina di ambienti disposti intorno a un cortile centrale.
A nord e a nord-est, nell’ala residenziale, alcuni vani presentavano pavimenti decorati con mosaici geometrici in bianco e nero; a ovest era probabilmente situata la parte rustica della villa dove si svolgevano attività produttive. Il rinvenimento di una pressa da olive e di elementi in pietra riconducibili a un torchio sembra confermare questa attribuzione.
Una serie di vani, inoltre, è stata interpretata in via ipotetica come un’area termale. Qui è stato rinvenuto un mosaico con un riquadro centrale che raffigura due delfini neri affrontati a un tridente.
Questi ambienti si aprivano su un cortile affacciato sulla laguna; nelle vicinanze è stata eccezionalmente rinvenuta un’imbarcazione. Essa, per la tecnica costruttiva impiegata (“a mortase e tenoni”) era destinata a un uso in mare aperto.
Della barca, databile come l’edificio residenziale tra la seconda metà del I secolo a.C. e il II secolo d.C., si conservava il fondo, quasi per intero (11 x 3,8 metri).
È possibile che servisse per la distribuzione commerciale dei prodotti della villa (olio, vino, salse di pesce?). All’interno dello scafo si sono ritrovati alcuni oggetti di uso quotidiano che erano utilizzati a bordo: vasi in ceramica, un paniere di vimini e un recipiente di legno contenente uva.
Il relitto si trova oggi nel Museo Archeologico Nazionale di Aquileia.


Villa romana del Randaccioi; San Giovanni in Tuba; Duino; mansio al fons Timavi

Villa del Randaccio

La villa, di cui sono stati portati alla luce 40 vani per una superficie di circa 1300 mq, si trova all’interno del parco dell’acquedotto di Trieste “Giovanni Randaccio” in prossimità delle risorgive del Timavo.
I vani dell’edificio si disponevano su tre livelli sfruttando in parte il pendio roccioso di un’altura carsica.
Lo scavo, reso problematico dalla costante risalita dell’acqua di falda, ha consentito di indagare un settore della parte residenziale della villa. Essa, fondata entro la metà del I secolo a.C., venne modificata quattro volte: in epoca augustea (27 a.C.-14 d.C.) i pavimenti delle stanze furono rivestiti da mosaici bianchi e neri con motivi a crocette, a stelle, a losanghe, a mura merlate; nella terza fase, fra la fine del I e gli inizi del II secolo d.C., la villa venne ampliata e alcuni vani furono dotati di riscaldamento a pavimento e a parete tramite intercapedini e tubi per il passaggio dell’aria riscaldata da una caldaia.
Nell’ultima fase, tra il III e gli inizi del IV secolo d.C., l’edificio, già in parteabbandonato, fu rimaneggiato con l’impianto di strutture di tipo produttivo (alcune vasche e un focolare).
Il complesso, per le sue dimensioni e per la vicinanza alla strada che da Aquileia conduceva a Tergeste, è stato interpretato come una mansio, ovvero come una delle stazioni di sosta per il riposo dei viaggiatori e dei cavalli, situate lungo le vie a distanza regolare.
Gli studiosi identificano questa mansio nella stazione viaria illustrata presso il Fons Timavi nella Tabula Peutingeriana, copia medievale di un itinerario dipinto di età romana (probabilmente della seconda metà del IV secolo d.C.).


mosaico policromo villa Via Nuova Bagni; E-VILLAE

Villa di via dei Bagni Nuova

Nell’ambito di lavori di urbanizzazione condotti nel 2015 a Monfalcone sono stati scoperti i resti di tre ambienti pertinenti ad una villa. Uno di essi, interpretabile come vano di rappresentanza, era pavimentato con un pregevole tappeto musivo a tessere bianche delimitato da una cornice a tessere bianche e nere. Al centro il pavimento era ornato da un riquadro policromo con disegni geometrici.
All’ interno di questo riquadro, in posizione centrale, spicca la raffigurazione di un calice da cui fuoriescono racemi rossi e neri.
Il mosaico si data alla seconda metà del II secolo d.C. ma l’ambiente in cui si trova e forse l’intero edificio risalgono probabilmente alla seconda metà del secolo precedente.
Il ritrovamento di lastrine di marmo e di tubuli da riscaldamento fanno ipotizzare l’esistenza di ambienti termali o comunque riscaldati in una delle fasi di vita del complesso.
I dati archeologici permettono di collocare l’abbandono della villa in un periodo compreso tra la fine del III secolo e gli inizi del IV secolo d.C.


Villa di via delle Mandrie, Monfalcone

Villa di via delle Mandrie

L’edificio, indagato tra il 1990 e il 1997, era costituito da un corpo principale articolato su più livelli unito a due strutture laterali che si aprivano su un cortile centrale, così da far assumere alla pianta una conformazione a U.
Gli scavi hanno messo in luce due fasi di edificazione e utilizzo della villa in un arco di tempo che va dalla seconda metà del I secolo a.C. al III secolo d.C. L’abitazione, che in base ai materiali edilizi impiegati (tessere musive, lastrine in marmo, intonaci dipinti, tubuli da riscaldamento, e frammenti di lastre da finestra in vetro), doveva certamente essere una residenza di pregio, caratterizzata da ambienti residenziali,  produttivi e termali, ed era probabilmente collegata ad una piccola darsena.
Questa consentiva l’arrivo di beni e merci anche via mare.
La documentazione archeologica e quella archeozoologica indicano che tra le attività economiche svolte nella parte rusticadella villa avevano particolare rilevanza quelle dell’allevamento ovino e della produzione di lana.


Villa di Via Colombo, Monfalcone

Villa di via Colombo

Gli scavi archeologici condotti tra il 1992 e il 1996 portarono alla luce i resti di strutture riferibili a una villa i cui ambienti si sviluppavano tra i primi rilievi carsici a nord e il mare. La parte residenziale era caratterizzata da vani i cui pavimenti erano decorati con raffinati mosaici a motivi geometrici in bianco e nero; i locali, collocati intorno a un cortile, erano probabilmente dispostisu terrazzi a quote diverse in modo da articolare, anche scenograficamente, l’edificio.
A sud si trovava invece un’area dedicata alle attività produttive, un bacino molto ampio di 20 x 15 metri che, in base alle caratteristiche strutturali, è stato interpretato come una darsena privata: qui vi erano forse anche impianti per l’allevamento di pesci o molluschi.
Un corridoio, ritenuto un loggiato per la presenza di basi di colonne in calcare, collegava la parte residenziale con la darsena.
La villa venne edificata nella seconda metà del I secolo a.C. e subì una ristrutturazione intorno alla metà del I secolo d.C., momento in cui venne realizzata la darsena. Il complesso edilizio fu poi abbandonato definitivamente nel corso del II secolo d.C.


Mosaico di villa della Marcelliana, Monfalcone

Villa presso la chiesa della Marcelliana

Le strutture, individuate alla fine dell’Ottocento da Enrico Maionica, sarebbero riferibili ad alcune sale affacciate su un cortile porticato. Il pavimento di una di esse era decorato da un mosaico con un complesso motivo geometrico in bianco e nero databile nell’ambito del II secolo d.C.