villa romana di Staranzano; Elaborazione dati georadar, villa romana della liberta Peticia, Staranzano

Conclusioni

Le prospezioni geofisiche effettuate nell’area della villa della Liberta Peticia hanno consentito di raccogliere una serie di dati interessanti dal punto di vista archeologico e topografico.
Al netto dell’impossibilità di coprire una superficie omogenea priva di ostacoli, è stato possibile evidenziare la presenza di una serie di anomalie, di cui le più interessanti sono quelle relative a probabili strutture poste a sud dell’edificio principale e facenti parte molto probabilmente di annessi in relazione con essa.
La profondità delle anomalie riferibili a strutture murarie è sicuramente compatibile con quelle della villa, lasciando ipotizzare la loro appartenenza allo stesso ambito cronologico.

Un secondo dato importante da tenere in conto è la mancanza di anomalie riferibili a strutture murarie nell’area subito a sud della villa e quindi in connessione fisica con essa. Questo fatto sembra dimostrare che le stanze individuate in fase di scavo rappresentino il limite sud est dell’edificio e che i restanti ambienti della villa siano da ricercare verso nord e nel campo ad ovest di essa, come ipotizzato nell’immagine sotto riportata.

la villa e sua presunta estensione (stimata in 2500 metri quadri)


villa romana di Staranzano; acquisizione dati georadar, villa romana della liberta Peticia, Staranzano

Risultati

Le strutture relative alla villa individuate in fase di scavo sono rappresentate da almeno tre ambienti allineati su di un asse sud-est/nord-ovest aperti su di una probabile area scoperta, posta ad ovest di essi.
La struttura  presenta almeno tre fasi di ristrutturazione, nell’ultima delle quali, la stanza più grande posta a sud est della  struttura e riconosciuta come un triclinio, venne suddivisa in ambienti più piccoli.
Le caratteristiche delle strutture murarie individuate, la mancanza di aperture lungo i muri est e sud degli ambienti e di tracce di muri sulla faccia esterna, sembrano indicare che la porzione di villa scoperta sia quella relativa all’angolo sud-orientale, e che essa si sviluppi quindi verso nord ed ovest, per una estensione stimata d i 2500 metri quadri.
Il dato archeologico recuperato grazie agli scavi sembrerebbe dunque validare l’ipotesi che nell’area a sud delle strutture possano non essere presenti strutture murarie appartenenti al corpo principale della villa, teoria che non implica però la mancanza di edifici o annessi pertinenti alla villa ma non collegati fisicamente con essa.
Le indagini georadar hanno permesso di individuare alcune interessanti anomalie ad una profondità media stimata fra i 60 e il metro di profondità, la stessa quota a cui si attestano le creste delle strutture individuate.

Scavo di una casa romana visto da nord. in primo piano mosaico bianco e nero a scacchi. Scavo di casa romana.
foto dell’area indagata. In primo piano è riconoscibile il mosaico posto nella stanza ora coperta dalla tettoia

I dati sono stati interpretati allo scopo di individuare eventuali anomalie attribuibili a strutture sepolte di interesse archeologico.
L’elaborazione dei dati ha permesso di identificare tre distinti gruppi di anomalie posti a diverse profondità, a partire dai 40-50 cm dal piano di campagna, tutte nella fascia orientale del campo.
Le anomalie sono state classificate in base alla tipologia, alla loro posizione stratigrafica e alla loro geometria.
Si vuole precisare che bisogna considerare un errore in profondità di +/-0.15-0.20m per quanto riguarda la profondità e -/+0.10-0.15m per la larghezza delle anomalie, dovute alla risoluzione dello strumento, interferenze e possibili errori sistematici.

la villa e sua presunta estensione (stimata in 2500 metri quadri)

 

Tavole

Tavola 1 – Profondità fra i 40 e i 50 cm: nella parte nord-orientale del campo, subito a sud est delle strutture della villa, alla profondità di circa 50 cm compare una anomalia di forma irregolare, che si sviluppa da nord verso sud coprendo un’area di circa 60 metri quadri (vedasi più sotto l’immagine ‘sezioni longitudinale e trasversale dell’Anomalia 1’).
Dalla forma e dal suo sviluppo in profondità, l’anomalia si presenta con un andamento ad imbuto e potrebbe essere associabile con una fossa riempita di materiale incoerente, probabilmente un intervento post-deposizionale che ha interessato anche i livelli archeologici sottostanti.
È ipotizzabile possa spiegarsi come un intervento di distruzione o spolio di strutture sottostanti.
L’ipotesi potrebbe essere avvalorata dalla presenza nella stessa area, a partire dai 50 cm di profondità, delle tracce di anomalie lineari che, scendendo nella stratigrafia, assumono una geometria più lineare, rivelandosi come probabili strutture murarie relative ad un edificio posto a sud-est della struttura della villa.

Tavola 1

 

sezioni longitudinale e trasversale dell’Anomalia 1

Tavola 2 e Tavola 3 – Profondità fra i 70 e i 90 cm: A questa profondità le strutture murarie identificate nei livelli più alti assumono una più precisa fisionomia, mentre la fossa raggiunge la massima visibilità prima di scomparire intorno alla profondità di 1.20 m. A partire dai 70 cm altre anomalie lineari e isorientate si aggiungono a quelle già evidenziate nei livelli più alti, probabilmente per una questione di preservazione degli alzati.
Più in dettaglio, il primo edificio (vedasi più sotto l’immagine ‘A evidenze della Struttura 1) sembra essere caratterizzato da due muri di lunghezza maggiore con orientamento nord-ovest/sud-est (quello est è visibile nella sua totalità), ai cui estremi ci sono due bracci minori perpendicolari a questi: lo spazio creato da questi muri sembra essere ulteriormente suddiviso in due ambienti da un setto murario intermedio. A livello della testata sud-est del muro est dell’edificio sembra vedersi la traccia  di un ulteriore struttura che corre verso est e che prolunga da questo lato il limite sud dell’edificio. Ad est del muro di lunghezza maggiore è presente la traccia di un ulteriore allineamento murario, parallelo ad esso e probabilmente pertinente al limite orientale di un terzo ambiente. Del secondo edificio (vedasi più sotto l’immagine ‘B evidenze della Struttura 2’), posto a sud di questo, è identificabile un lungo muro che si sviluppa parallelamente al lato sud del primo, e una seconda struttura che crea un angolo di 90 gradi  verso sud est, partendo dalla testata est di questo.
Il segnale è meno leggibile di quello relativo al primo edificio, probabilmente per il livello di conservazione.
A questa profondità è quindi possibile ricostruire la presenza di almeno due edifici, orientati fra loroe non fisicamente legati al corpo principale della villa.
Anche l’orientamento degli edifici individuati non rispecchia quello disegnato dai muri esposti nello scavo, anche se questo elemento non collide con un rapporto diretto fra le strutture.
Profondità fra i 90 e i 120 cm: i segnali relativi alla prima struttura sono leggibili fino alla profondità di 1.10 m, dopo di che diventa più difficile leggerne la geometria. Per quanto riguarda l’anomalia relativa al fosso, questa si identifica chiaramente almeno fino ad 1.20 m di profondità, per poi scomparire gradualmente.

Tavola 2

 

Tavola 3

 

A evidenze della Struttura 1 e B evidenze della Struttura 2


villa romana di Staranzano; Elaborazione dati georadar, villa romana della liberta Peticia, Staranzano

Elaborazione dati

I dati GPR 3D vengono elaborati al fine di ricreare un volume in coordinate x,y spaziali e z (profondità) in coordinate temporali o convertite in profondità.
Ogni registrazione prevede l’acquisizione di 8  profili contemporaneamente, cosicché l’informazione ottenuta è quella di una fascia di 64cm.
Il dato grezzo (raw data) da elaborare è quindi un numero di “fasce” pari al numero di profili eseguiti.

raw data relativi all'acquisizione GPR3D
raw data relativi all’acquisizione GPR3D

Il dato raw subisce una fase di pre-processing per migliorare il rapporto segnale rumore; le fasi di elaborazione che vengono applicate all’insieme dei dati è la seguente:

  • Amplitude correction
  • Antenna Ringdown removal
  • Bandpass filtering

Successivamente si procede con la fase di interpolazione, al fine di integrare le informazioni tra una registrazione e l’altra. Questo viene svolto selezionando un box, entro il quale si svolgeranno gli algoritmi di interpolazione.
La conversione in profondità avviene dopo aver stimato la velocità dell’onda elettromagnetica nel terreno secondo il procedimento di analisi delle iperboli di diffrazione, e il successivo procedimento di migrazione. La misura della velocità viene fatta sulla base dell’analisi di iperboli di diffrazione, la cui apertura dipende dalla costante dielettrica del mezzo e quindi della velocità dell’onda elettromagnetica.
In questo sito, tuttavia, non è stata individuata alcuna iperbole su cui stimare la velocità di propagazione. In queste condizioni è stata stimata una velocità di 10.5 cm/ns, sulla base di analisi di iperboli di diffrazione.

iperbole di diffrazione generata da un sottoservizio

Il procedimento di migrazione consente di ottenere un’immagine GPR per cui le anomalie risultano a maggior risoluzione e in cui le iperboli di diffrazione sono focalizzati in unità puntuali.
Dopo aver ottenuto il volume migrato, il software consente di analizzare in pianta l’intera area coperta dal GPR in funzione della profondità e analizzare le diverse mappe (slice) per procedere poi con l’interpretazione.
Ricapitolando, la sequenza di processing applicata al volume di dati comprende:

Import raw data
• DC removal
• Drift removal
Pre-processing
• Amplitude correction
• Antenna Ringdown removal
• Bandpass filtering
Processing
• Interpolation
• Migration
Post processing
• Amplitude analysis
• Slice interpretation


villa romana di Staranzano; acquisizione dati georadar, villa romana della liberta Peticia, Staranzano

Acquisizione dati

L’acquisizione dei dati Georadar 3D è stata eseguita nella zona libera posta a sud dell’area archeologica il 24 maggio 2022.
Per il posizionamento GPS è stato usato un ricevitore GNSS ( Global Navigation Satellite System), connesso tramite GPRS (General Packet Radio Service) alla rete di correzioni differenziali in tempo reale NRTK (Network Realtime Kinematic Satellite). Il ricevitore GNSS è stato installato direttamente sull’apparato Georadar.
La georeferenziazione è stata eseguita nel sistema di coordinate WGS84 zona UTM33N grazie al rilievo topografico in loco di alcune evidenze presenti nell’area.

area coperta dalle prospezioni

L’indagine ha avuto lo scopo di individuare la presenza di ulteriori strutture murarie appartenenti alla villa nell’unica area per ora percorribile con il Georadar.
L’area archeologica è infatti circondata da terreni appartenenti a privati, alcuni dei quali edificati e difficilmente percorribili con questa strumentazione.
La stessa area coperta dalle prospezioni presentava una serie di problematiche, legate alla presenza di zone coltivate ad orto, e una parte occupata da alcuni capanni di servizio.
La particolare conformazione del terreno non ha permesso quindi una copertura completa della superficie, coprendo un’area di circa 730 metri quadri.

Parametri utilizzati per il rilevo Georadar

  • Frequenza Antenne schermate: 400MHz
  • Offset totale antenne: 0.64m
  • Numero di canali: 8
  • Comunicazione: Ethernet
  • Posizionamento: GPS-RTK e odometro
  • Alimentazione: Batteria 12V 45Ah
  • Intervallo spaziale di campionamento: 0.08m
  • Numero di campioni per traccia: 436
  • Lunghezza finestra temporale: 97.26ns
  • Stack verticale: 4
alcune fasi di acquisizione


villa romana di Staranzano; rilievo georadar, villa romana della liberta Peticia, Staranzano

Rilievo Georadar GPR: principi fisici

Per finalizzare le indagini geofisiche 3D, ci si è avvalsi dell’utilizzo del georadar GPR (Ground Penetrating Radar), che consente di indagare sia il sottosuolo, sia le strutture e di rivelare in modo non invasivo l’eventuale presenza e posizione di oggetti sepolti, di oggetti metallici e di anomalie nelle strutture in muratura, utilizzando il fenomeno di riflessione delle onde elettromagnetiche.
Il metodo di analisi è basato sul principio della propagazione di impulsi elettromagnetici nei materiali e sulla loro riflessione in corrispondenza di quelle superfici di discontinuità imputabili a variazioni di permettività dei materiali investigati.
L’acquisizione dei dati avviene facendo scorrere una coppia di antenne (una trasmittente  ed una ricevente) mantenute a distanza costante sulla superficie da investigare.
Nell’unità centrale dell’apparato sono generati dei segnali ad intervalli regolari che servono a sollecitare i circuiti elettronici dell’antenna trasmittente.
Da questa sono irradiati degli impulsi elettromagnetici che, propagandosi attraverso i materiali, vengono riflessi in corrispondenza delle interfacce tra materiali con caratteristiche dielettriche diverse.
Gli eventi riflessi sono captati dall’elemento ricevente e inviati nell’unità centrale per una successiva elaborazione.
L’apparecchiatura consente di visualizzare su display a colori il radargramma registrato in tempo reale, per un controllo qualità preliminare, e simultaneamente memorizza i dati su notebook associato per la successiva elaborazione con un software dedicato.
Il successivo trattamento digitale dei dati consente di migliorare l’interpretabilità dei dati acquisiti tramite operazioni di filtraggio, normalizzazione, amplificazione, ecc. al fine di rendere più evidente la presenza di eventuali anomalie.

schema di rilevamento dati Georadar

 

schema di acquisizione della traccia Georadar con antenne schermate

Sull’asse orizzontale dei radargrammi sono visualizzate le progressive metriche della linea registrata mentre su quello verticale si trovano i doppi tempi di percorso (in andata e ritorno) dei tragitti riflessi.
La risoluzione orizzontale dei segnali è inversamente proporzionale alla velocità di spostamento dell’antenna, la risoluzione verticale è direttamente proporzionale alla frequenza centrale degli impulsi emessi.
L’intensità degli eventi riflessi è tanto più forte quanto il contrasto fra le variazioni dielettriche è elevato.
La profondità d’indagine non può essere stabilita a priori del rilievo ma dipende dall’assorbimento dell’energia elettromagnetica da parte dei materiali in cui essa si propaga. La profondità dipende dalla natura dei mezzi attraversati, dallo stato fisico degli elementi che li compongono e da fattori ambientali e/o locali: temperatura, umidità, presenza di cavità, ecc.
Inoltre, l’obiettivo della prospezione e la profondità di penetrazione sono vincolati alla lunghezza d’onda degli impulsi: infatti, se una struttura sepolta ha dimensioni  molto piccole, essa viene rilevata soltanto con segnali di brevissima durata la cui elevata attenuazione a livello energetico ne limita però la penetrazione.
In sintesi, antenne con frequenze alte consentono una buona risoluzione fino a modeste profondità; antenne con frequenze basse offrono un dettaglio relativamente inferiore, ma permettono una maggior estensione di misura dalla superficie topografica.

Tab. 1 prestazioni tipiche delle antenne radar

La presenza di acqua o umidità nei materiali in esame, comporta un aumento della costante dielettrica relativa e quindi una diminuzione della velocità degli impulsi elettromagnetici. La conoscenza della costante dielettrica relativa è utile per determinare il tipo di materiale investigato e del suo grado di umidità.
La definizione di tali anomalie viene fornita nella fase d’interpretazione dei dati, in base alla tipologia (es. forma dell’oggetto che ha provocato la riflessione) e alla continuità planimetrica di eventi identici o, comunque, assimilabili.
E’ importante ricordare che le procedure di misura impiegate per la indagine geofisica di villa Peticia si basano su tecniche di esplorazione indiretta che hanno una serie di intrinseche limitazioni in merito alla propagazione dell’onda elettromagnetica. Quest’onda dipende dalla costante dielettrica dei materiali: in materiali argillosi ad elevata costante dielettrica o in presenza di acqua, l’attenuazione del segnale è elevata con il rischio di non rilevare eventuali discontinuità/oggetti presenti.
L’indagine geofisica non può tuttavia mai essere considerata integralmente sostitutiva dell’esplorazione diretta.

Il sistema Georadar utilizzato

Nella presente indagine è stato utilizzato un sistema georadar 3D, equipaggiato con 9 antenne schermate a 400MHz, per profondità di esplorazione entro i 3m.
Il sistema racchiude al suo interno 5 antenne trasmittenti e 4 riceventi della stessa frequenza, e l’insieme delle combinazioni tra trasmissione e ricezione fa sì che ad ogni passata si ottengano contemporaneamente 8 profili paralleli.

Georadar; villa Liberta Peticia; Staranzano
il Georadar impiegato nelle indagini

Gli 8 profili sono distanziati di un offset fisso di 8cm. Il loro insieme occupa una fascia di 64cm. Il sistema di posizionamento prevede l’utilizzo di un odometro e dove possibile l’interfacciamento con GPS o stazione totale.
Questo sistema molto complesso, è stato sviluppato per identificare in maniera veloce e con altissima risoluzione i reperti archeologici.
Il sistema facilita l’interpretazione del segnale evidenziando le strutture continue, ed evita di commettere errori nelle interpolazioni di profili bidimensionali.
L’acquisizione nelle 3 direzioni dello spazio rende l’acquisizione indipendente dall’orientazione spesso sconosciuta del target.
Il sistema 3D è collegato ad un laptop dal quale è possibile gestire i parametri di acquisizione e vedere in tempo reale l’acquisizione di ogni strisciata.
Il limite tecnologico della metodologia georadar 2D e 3D, è in ogni caso rappresentato dalla profondità della tavola d’acqua, poiché essa assorbe completamente il segnale elettromagnetico.

disposizione delle 9 antenne: le frecce rosse indicano la posizione dei profili paralleli


villa romana di Staranzano; georadar, villa romana della liberta Peticia, Staranzano

indagini geofisiche 3d per l'individuazione di strutture sepolte

il video dedicato alle fasi di ricerca e studio


Nel mese di maggio 2022 si sono svolte alcune indagini geofisiche mediante georadar 3D presso la villa romana della Liberta Peticia di Staranzano, volte verificare la presenza di eventuali strutture sepolte in prossimità del sito archeologico.
Queste prospezioni geofisiche effettuate nell’area della villa  hanno consentito di raccogliere una serie di dati interessanti dal punto di vista archeologico e topografico, sebbene al netto dell’impossibilità di coprire una superficie omogenea priva di ostacoli, per via della presenza di campi coltivati e di capanni ad uso agricolo presenti sul sedime d’indagine.

Le varie fasi dell’indagine sotto riportata, congiuntamente alla spiegazione dei principi fisici afferenti a questa, restituiscono un piccolo, affascinante viaggio nell’applicazione delle più moderne metodologie scientifiche alla scoperta di quell’antico che ancor’oggi cela i suoi segreti nella campagna locale.


Le presenti ricerche archeologiche non invasive sono autorizzate dal Ministero della Cultura – Direzione generale Archeologia, belle arti e paesaggio / Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia con protocollo n° 3619 del 25/02/2022.


villa romana di Staranzano; Staranzano; restauro mosaico villa romana liberta Peticia

intervento conservativo sul pavimento musivo

il video dedicato all'intervento conservativo


STATO DI CONSERVAZIONE

Il progetto E-Villae ha previsto un intervento conservativo sul mosaico della villa romana di Staranzano, intervenendo sullo stato di conservazione del mosaico che, a sette anni dall’ultimo intervento di ripristino, versava comunque in discrete condizioni.
Ad un’analisi iniziale, la stuccatura del margine perimetrale era localmente frammentata con la conseguenza del distacco delle ultime file di tessere e tutto l’ambiente risultava ricoperto da depositi ambientali polverulenti, residui vegetali ed animali che rendevano illeggibile la scacchiera centrale e la valenza cromatica dei materiali costitutivi.
La superficie musiva risultava popolata da alghe verdi il cui colore si intensificava apportando umidità, piantine di tipo superiore e muschio, specialmente lungo le maltine interstiziali.
Gli sbarramenti fisici  ai due ingressi non si sono rivelati sufficienti a proteggere la pavimentazione dall’attacco biologico, rendendo possibile la presenza di numerose piante di tipo superiore e muschi in corrispondenza delle soglie.

crescita di piante di tipo superiore
crescita di piante di tipo superiore

L’INTERVENTO DI RESTAURO

La prima operazione svolta dai restauratori  è stata la disinfezione mediante applicazione a spruzzo di biocida a basso impatto ambientale.
Il prodotto è stato steso su tutte le superfici musive e murarie e lasciato agire per alcuni giorni. Nel contempo le piante superiori sono state estirpate dal cotto degli ingressi con la massima cautela, per scongiurare il rischio di sconnessione.
Il trattamento biocida è stato ripetuto alla fine dell’intervento prima della protezione finale.
La spolveratura preliminare è stata un’operazione estremamente importante per capire il grado di adesione e di coesione del tessellato ed individuare le tessere svincolate. Per tale motivo è stata pazientemente eseguita manualmente mediante l’impiego di pennellesse morbide

Staranzano; restauro mosaico villa romana liberta Peticia
asportazione dei depositi superficiali

Parallelamente si è proceduto con l’asportazione meccanica del muschio lungo gli interstizi delle tessere avvalendosi del bisturi.

Staranzano; restauro mosaico villa romana liberta Peticia
rimozione del muschio dalla maltina interstiziale

La spolveratura ha messo in luce una superficie molto offuscata, la cui lettura risultava ancora molto faticosa. Per approfondire la rimozione dei depositi incoerenti tutta la superficie è stata lavata con vaporjet, spazzolini di nylon e spugne di cellulosa, avendo cura di raccogliere i ristagni d’acqua per consentire una rapida asciugatura.

Staranzano; restauro mosaico villa romana liberta Peticia
lavaggio della superficie musiva con l’ausilio di vaporjet

La spolveratura ha messo in luce una superficie molto offuscata, la cui lettura risultava ancora molto faticosa. Per approfondire la rimozione dei depositi incoerenti tutta la superficie è stata lavata con vaporjet, spazzolini di nylon e spugne di cellulosa, avendo cura di raccogliere i ristagni d’acqua per consentire una rapida asciugatura.

Staranzano; restauro mosaico villa romana liberta Peticia
lavaggio della superficie musiva con l’ausilio di vaporjet

I salvabordi perimetrali sono stati integrati nelle porzioni rovinate con malta a base di calce e sabbia addizionata con pigmenti in polvere.
Le tessere mobili ma sufficientemente ancorate alla malta di allettamento sono state fissate con iniezioni di resina acrilica in sospensione acquosa, mentre quelle completamente staccate sono state ricollocate con malta di allettamento.

Staranzano; restauro mosaico villa romana liberta Peticia
ricollocazione di tessere svincolate dalla malta di allettamento

Alcune tessere risultavano però perdute e quindi sono state sostituite utilizzando tessere lapidee di  litotipo affine a quello originario.
Pur avendo asportato ingenti quantità di terriccio mediante il lavaggio con spugnatura e vaporizzazione, il risultato estetico iniziale non si è tuttavia rivelato del tutto soddisfacente.
Pertanto, prevedendo di eseguire il consolidamento, in accordo con la Direzione dei Lavori, si è deciso di approfondire la pulitura del tessellato con l’uso della microsabbiatrice, in modo da rimuovere a secco anche i depositi terrosi concrezionati e garantire la giusta penetrazione del prodotto consolidante sulle superfici delle tessere e nelle malte interstiziali.
Come previsto, l’operazione ha riportato in luce la valenza cromatica dei materiali ed ha consentito di perfezionare la rimozione dei muschi dagli spazi interstiziali.

Staranzano; restauro mosaico villa romana liberta Peticia
impiego della microsabbiatrice per approfondire il livello di pulitura delle tessere

Una volta terminata la pulitura, si sono eseguite le stuccature nei punti in cui erano danneggiate e dove si erano sviluppate piante superiori.
Anche le fughe tra i laterizi delle soglie sono state colmate con malta a base di calce e sabbia pigmentata, al fine di rallentare la ripresa dello sviluppo vegetativo di piante.

soglia ripristinata

Sulla superficie perfettamente pulita e spolverata con aspiratore elettrico e pennellessa è stato steso un prodotto consolidante e idrorepellente a base di silicato d’etile associato a silossani.
Quest’ultimo trattamento permette così di ottenere una migliore resistenza della superficie trattata, predisponendola favorevolmente ai periodici, venturi interventi conservativi.

Staranzano; restauro mosaico villa romana liberta Peticia
un tassello di pulitura


villa romana di Staranzano; Villa romana della liberta Peticia, Staranzano

il progetto di recupero e restauro del 2003

La scoperta della villa avvenne in maniera fortuita 1955.
Ad essa a seguì immediatamente una campagna di scavi diretti dalla Soprintendenza archeologica del Veneto. Grazie a questo intervento fu messa in luce l’estremità sud-orientale della villa che risultò costruita nella seconda metà del primo secolo a.C. nei pressi della strada consolare che da Aquileia portava a Tergeste.
Gli scavi attuali, finalizzati alla valorizzazione del sito, hanno riportato alla luce la due strutture perimetrali est e sud della villa, contraffortate all’esterno da dei pilastri quadrangolari. All’interno lo spazio si suddivide in tre ambienti affacciati su una zona scoperta, tipo cortile, che presentano i pavimenti ancora in buono stato di conservazione.

liberta Peticia; Staranzano
L’area archeologica della villa di Staranzano (foto di F.Snidero)

La prima fase di costruzione è caratterizzata dall’impiego di ciottoli di fiume quale materiale da costruzione. I pavimenti sono realizzati in signino, ossia un battuto di frammenti calcarei e malta, superiormente lisciato e decorato dall’inserimento volutamente disordinato di sezioni di ciottoli e di pietre di vari colori.
In una seconda fase di ristrutturazione della villa, che potremmo datare nella prima metà del I secolo d.C., il primo ambiente viene ampliato mediante la costruzione di un nuovo muro perimetrale spostato verso sud: la tecnica impiegata è diversa, fatto che aiuto a distinguere fra le varie fasi edilizie, ed impiega oltre ai ciottoli di fiume anche frammenti di tegole di laterizio forse in parte recuperate dalla demolizione degli alzati o dei tetti riferibili alle strutture precedenti.
In questa fase, sopra la rasatura del vecchio perimetrale e sopra il precedente pavimento, ne viene steso un altro in cubetti di cotto che sulla linea di prolungamento del muro di chiusura dei vani adiacenti, lascia il posto ad un mosaico bianco-nero con decoro centrale a scacchiera. Proprio la posizione centrale del decoro, che delinea una disposizione ad “U” nel pavimento a cubetti, ha indotto ad identificare la stanza con un triclinium, una stanza da pranzo ove l’area pavimentata a cubetti veniva “nascosta” dalla disposizione, ad “U” appunto, dei letti triclinari, sui quali i romani usavano mangiare distesi appoggiandosi su un gomito.
In questa fase anche il vecchio cortile viene ampliato e pavimentato a cubetti mentre il secondo vano mantiene il signino precedente; l’ultimo ambiente indagato verso est, il terzo, si orna a sua volta di un mosaico bianco-nero con un’altra piccola scacchiera centrale.

Mosaico della villa romana della Liberta Peticia, Staranzano
Il mosaico del vano C (foto A.Re.Con snc)

La terza fase, che si distingue per una tecnica edilizia decisamente scadente e frettolosa, apporta alcune modifiche non sostanziali all’impianto.
Il primo vano è oggetto di una ristrutturazione che lo porta a cambiare di destinazione d’uso: la sala viene quadruplicata attraverso la costruzione di tre tramezzi (è probabile infatti che essi non raggiungessero l’altezza l’altezza totale della stanza, sino al soffitto) e l’ingresso si orna di una soglia in pietra che conserva l’incasso della porta.

Molto probabilmente, l’accesso diretto alle quattro celle era impedito da un aulaeum, una tenda in stoffa leggera che correva lungo la fascia di passaggio tra il mosaico ed il pavimento a cubetti: un piccolo plinto in pietra fornito di incasso per un palo, rinvenuto in posizione originaria, addossato al muro perimetrale ed in corrispondenza della fascia di passaggio è forse da collegare al suo sostegno.Durante lo scavo del 1955, il rinvenimento in questa sala di una base con dedica alla Bona Dea da parte della liberta Peticia, ha indotto a riconoscervi un sacello privato: tuttavia la datazione più antica dell’epigrafe –fine del I secolo a.C./ inizi I d.C.- prova che il culto era già praticato nella villa fin dagli inizi della sua costruzione, fatto che non impedisce tuttavia, che Bona Dea vi fosse venerata un secolo più tardi.
Probabilmente da collegare a rituali di culto è anche una piattaforma quadrangolare, intravista nel cortile all’estremità orientale dello scavo, che in via ipotetica potremmo identificare con un focolare all’aperto.


Risultati culturali e scientifici raggiunti.

Con la conclusione nel cantiere, una parte della villa romana risulta fruibile a tutta la cittadinanza.
Con la conclusione nel cantiere una parte della villa Romana risulta fruibile a tutta la cittadinanza. Un pannello didattico descrive le strutture visibili in modo chiaro e semplice con l’ausilio anche di foto e disegni. Un pannello collocato sulla strada segnala il posizionamento della villa.
L’esiguità dal finanziamento non ha permesso di portare alla luce anche i pavimenti musivi, pertanto si auspica che il futuro interventi sono rivolti a ciò, per rendere maggiormente comprensibile la distribuzione interna della villa romana.
Durante le operazioni di scavo archeologico per riportare alla luce le strutture individuate negli anni ’50, sono stati eseguiti alcuni sondaggi per verificare anche lo stato di conservazione dei pavimenti della villa al fine di preventivare i futuri interventi.
Nella documentazione al prodotta dagli archeologi, a fine scavo, sono contenute le conferme alle notizie pubblicate degli anni ’50 che verificano l’importanza della villa rustica di Staranzano.
Le strutture sono state consolidate e protette con una superficie di sacrificio, in ciottoli per quelle di prima fase e di mattoni per quelli di seconda fase. Le strutture di prima fase sono state ricoperte con un doppio corso di pietre, il primo leggermente rientrante rispetto al filo esterno per denunciare la parte nuova del paramento originale.
Quelle di prima fase sono state ricoperte da un corso di mattoni con la seguente metodologia: vista la non sufficienza di mattoni originali disponibili, questi sono stati utilizzati per proteggere i pavimenti esterni collocando verso il basso la ripiegatura a protezione del paramento sottostante. L’interno delle strutture è stato protetto con mattoni nuovi ma fatti a mano. Sono stati effettuati vari campioni di malta per raggiungere la coloritura e la composizione più simile a quella originale e più resistente nelle condizioni ambientali del luogo. I pavimenti sono stati protetti con geotessuto, sabbia e ghiaia. Il geotessuto è stato posizionato secondo pendenze calcolate atte convogliare l’acqua piovana in una zona posta a sudovest ed esterna al sedime della villa, ove è stato collocato un pozzo perdente. L’area risulta interamente recintata da una rete verde che garantisce la sicurezza al monumento ma permette a chiunque di vederlo ed è dotata di un impianto di illuminazione di sicurezza.


 

Arch. Fabiana Pieri


villa romana di Staranzano; Bona Dea; liberta Peticia; Staranzano

La villa romana di Staranzano

Conosciuta come “villa della liberta Peticia”, la villa di Staranzano era una delle residenze a carattere abitativo e produttivo del territorio che in antico era amministrato da Aquileia.Essa era posta lungo la strada romana che da Aquileia portava a Tergeste (Trieste) e in vicinanza di un corso d’acqua, forse un ramo dell’Isonzo oggi scomparso.
Come le altre “ville rustiche” di età romana, la villa gravitava su una proprietà terriera (fundus) dove si svolgevano varie attività economiche, dalle quali il proprietario e la sua famiglia traevano sostentamento e prodotti da commercializzare. Questi complessi erano formati da una parte residenziale (pars urbana) e da una prettamente produttiva (pars rustica).
La villa di Staranzano fu scoperta casualmente nel 1955 in un terreno di proprietà della chiesa parrocchiale durante lavori di ammodernamento della rete fognaria. Gli scavi archeologici, condotti da Valnea Scrinari su incarico della Soprintendenza alle Antichità delle Venezie, portarono alla luce solo l’angolo sud-orientale dell’edificio, a una profondità di circa 80 cm dal piano di campagna e per un’estensione di circa 130 mq.
Di queste prime indagini rimangono le annotazioni e gli schizzi che Giovanni Battista Brusin, archeologo e direttore del Museo Archeologico di Aquileia dal 1922 al 1952, registrò nei suoi diari. Altri limitati sondaggi e interventi di restauro e conservazione delle strutture sono stati effettuati nel 2002 e nel 2008 dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia.
Le dimensioni della villa sono attualmente sconosciute. Recenti indagini georadarrealizzatenel 2022 nell’ambito del progetto “E-VILLAE” promosso dal Comune di Staranzano hanno permesso di individuare, a sud-est del complesso già scavato, tracce di almeno due ambienti probabilmente pertinenti alla villa ma non collegati fisicamente alla parte residenziale.
La prima edificazione del complesso si data alla seconda metà del I secolo a.C. In base ai dati archeologici sappiamo che tra il I e il II secolo d.C. vennero apportate delle modifiche all’edificio nel corso di almeno due fasi di ristrutturazione.
La villa fu abitata fino agli inizi del III secolo d.C. Le ristrutturazioni comportarono, oltre a modifiche nelle dimensioni degli ambienti, anche l’uso di differenti materiali edilizi nelle murature: la fase più antica vide l’impiego di ciottoli di fiume, mentre in quelle più recenti vennero adoperati anche frammenti di mattoni e tegole. Su queste ultime spesso erano impressi i marchi di fabbrica che rimandano a noti produttori locali.
Lo scavo del 1955mise in luce tre ambienti uguali, pavimentati in opus caementicium (battuto di malta inglobante scaglie di pietre di diversi colori), posti uno accanto all’altro e affacciati su un vano lungo e stretto, forse un cortile, riferibili alla prima fase edilizia.
Durante la prima ristrutturazione l’ambiente a sud-est (A) fu notevolmente ampliato: una parte venne pavimentata in cubetti di cotto e l’altra in tessellato bianco e nero; al centro della sala venne inserito un mosaico a scacchiera bianco e nero (emblema). Questa stanza era forse utilizzata come triclinium (sala da pranzo), con i letti triclinari probabilmente disposti sull’area pavimentata in cotto.
Anche l’ambiente più a nord (C), oggi coperto da una tettoia, fu ripavimentato con un mosaico a tessere bianche incorniciato da una fascia a tessere nere.
Al centro del pavimento venne inserito unriquadro con motivo a scacchiera in bianco e nero, anch’esso delimitato da una cornice nera.
L’ultima ristrutturazione,caratterizzata da una tecnica costruttiva poco accurata,apportò notevoli modifiche alla grande sala (A).
Una parte di essa fu suddivisa in quattropiccoli vani o celle mediante muretti.
Il ritrovamento di un blocco di pietra squadrato e con un foro centrale (D),accostato al muro perimetrale della casain corrispondenza di un contrafforte esterno, induce a ipotizzare che vi fosse inserito un palo per sostenere un divisorio mobile (ad esempio una tenda): questo avrebbe permesso di dividere ulteriormente la sala creando una sorta di anticamera e impedendo la vista delle cellette. Tali elementi fanno pensare alla trasformazione di questa parte della villa in un sacello, ossia un luogo destinato ad un culto domestico.
Alla sala si accedeva dal cortile tramite una porta documentata dal ritrovamento di una soglia in pietra (E) con i fori per i cardini. Questa trasformazione in sacello è avvalorata dal ritrovamento, in questo ambiente, di una grande lastra in pietra (dimensioni conservate 57 x 57 cm), forse una mensa, una sorta di tavola per offerte rituali.
Essa reca incisa l’iscrizione B(onae) D(eae) V(otum) / PETICIA L(uci) L(iberta) AR[—] che testimonia lo scioglimento di un voto fatto da Peticia, liberta (schiava liberata) della famiglia dei Peticii, alla Bona Dea.
L’iscrizione si data tra la fine del I secolo a.C. e la prima metà del I secolo d.C. e testimonia quindi che il culto alla Bona Dea era praticato nella villa di Staranzano già durante la sua prima fase di impianto.
Nel cortile interno del complesso, pavimentato con cubetti di cotto, è stata inoltre rinvenuta una grande piattaforma quadrangolare la cui funzione o l’eventuale relazione con il sacello sono sconosciute.
Il culto di Bona Deaera particolarmente diffuso nel territorio di Aquileia e si connotava come un culto misterico, praticato solo da donne, i cui caratteri non potevano essere conosciuti dagli uomini. Le celebrazioni si tenevano in forma pubblica nei templi ma anche in forma privataall’interno delle abitazioni; vi partecipavano donne libere e schiave affrancate.
La presenza delle piccole celle nell’ambiente A della villa riporta a edifici sacri dedicati aquesta divinità salutifera, ad esempio al tempio di Bona Dea Subsaxana sull’Aventino a Roma o a quello individuato nel centro di Trieste nel 1910, dove le celle erano forse destinate allo svolgimento di attività di divinazione o a riti di guarigione.
La comprensione delle caratteristiche architettoniche della villa di Staranzano e la ricostruzione delle sue fasi di frequentazione sono particolarmente problematiche a causa della scarsità di materiali di uso comune recuperati durante le indagini archeologiche, come la ceramica e le anfore. Nei diari di scavo del 1955 risultano menzionati solo tegole bollate e alcuni oggetti in metallo, come ad esempio un ago da rete in bronzo.


villa romana di Staranzano; Scavo di una casa romana nel fondo di proprietà della chiesa del sig. Laurencic. Scavo Laurencic. Staranzano

villa romana di Staranzano: le prime indagini

pianta della villa romana della Liberta Peticia di Staranzano
Pianta dell’area indagata nel 1955 (Archivio del Museo Archeologico Nazionale di Aquileia)

In via del tutto fortuita e avvenuta la scoperta di un pavimento musivo nella zona di Staranzano, a Nordest dell’abitato della proprietà della chiesa parrocchiale.
La pronta segnalazione da parte del comune ha fatto sì che la Soprintendenza alle antichità delle Venezie abbia potuto intervenire tempestivamente a prender visione del caso. Sotto la guida solerte dell’assistente tecnico G. Runcio lo scavo è stato iniziato e, per l’accordo raggiunto tra Comune la Chiesa Parrocchiale e il proprietario della terra confinante, signor E. Laurentic, ha potuto essere ampliato per una superficie di metri quadri 128, ad una profondità costante di metri 0,80 dal piano di campagna.
La difficoltà dell’opera è stata data soprattutto dal terreno fortemente argilloso e dalla bontà delle colture viticole e fruttifere della zona, che hanno elevato non poco le indennità da pagare e proprietari per il danno subito.

L’interesse nel complesso venuto in luce ha però offerto all’opera della Sovrintendenza la massima sollecitudine e comprensione da parte delle autorità locali che desiderano vivamente, a tutto loro onore, di poter mettere in evidenza e conservare in  vista quanto documenta l’antica vita del luogo.

La mano d’opera perciò è stata messa a disposizione dal Comune di Staranzano avendovi inviato la Direzione degli scavi di Aquileia un operaio specializzato ed abile perché la sorveglianza sui lavori di sterramento fosse costante.
Verso la fine di maggio si avuto pure un sopralluogo da parte della Sopraintendente  alle Antichità in persona, la dottoressa B. Forlati, che si è vivamente compiaciuta dei lavori in corso.
Da quanto oggi è stato messo in luce il visitatore riporta l’impressione di un complesso murario d’età romana interessante e vivace nelle sue strutture, nella sua ordinata disposizione topografica, nella semplice eleganza dei suoi mosaici. Ed è una scoperta che non desta meraviglia data la presenza a poca distanza verso ovest della strada romana che passava per il basso monfalconese, collegando Aquileia a Tergeste e le scoperte analoghe, di case e di opere di epoca romana, avvenute nella zona in anni precedenti.
Lo scavo ha messo in luce attualmente gli ambienti che si allineano lungo il lato est del complesso, rimarrebbe da esplorare la parte ovest con gli ambienti di collegamento nei lati sud e nord la cui continuazione è evidente dall’argine argilloso occidentale (fig.1).

Fig. 1 Visione dello scavo da S-E
Fig. 1 – Visione dello scavo da S-E

Le strutture che si elevano dal terreno di base per un’altezza media di circa metri 0,50 si presentano di tre qualità diverse ed aiutano, insieme al livello e al tipo di pavimenti, a seguire la vicenda edilizia della casa. I muri che affiorano a profondità maggiore si presentano a ciottoli di fiume. La sezione normale di tali muretti a corsi regolari dà uno spessore medio di metri 0,45 e dimostra la loro erezione con circa quattro elementi collegati da malta biancastra di poca consistenza. La pianta della casa costruita a muri di ciottoli e in seguito ampliata da sul lato sud di circa quattro metri, ma nella fase prima, di cui ora parliamo, era costituita, nell’area scoperta almeno, poiché i muretti di ciottoli continuano sottoterra tanto verso Nord quanto verso Ovest, da tre vani (a, b, c) che si aprivano nell’interno verso un probabile corridoio (f). Il muro a ciottoli lungo il lato Est presenta all’esterno due piccoli contrafforti dello stesso suo tipo, disposti ad intervallo regolare dello spigolo Sud-Est della casa, rifiniti in modo da far pensare ad una loro funzione decorativa o strutturale connessa al muro perimetrale.

villa romana della Liberta Peticia a Staranzano; murature
Fig. 2 – il lato Sud con il contrafforte

A sostegno, ad esempio, delle gronde di scolo del tetto. L’ampliamento della casa verso meridione con muri di tipo diverso riprende infatti il medesimo motivo del contrafforte sul lato Sud. Si noti che la distanza del contrafforte dallo spigolo a Sud Est è circa la stessa su tutti e due i lati. Questa equidistanza che riprende quella degli elementi aggettanti sul lato Est non può essere casuale (fig.2). L’ampliamento della casa avviene dunque come abbiamo or ora notato con struttura di tipo diverso: si reimpiegano i ciottoli risultanti dalla rovina di alcuni tratti dei muri precedenti e ad essi si aggiungono con poca malta gialliccia, più grassa, frammenti di tegole e mattoni sottili giallo chiari di fine argilla cotta in fornace, mantenendo un spessore medio di metri 0,45.

Più che nei muri, dove prevalgono i frammenti di tegole, i mattoni si incontrano numerosi nella terra che viene estratta e testimoniano con probabilità la struttura a file di mattoni regolari che avranno avuto le murature in elevato. Interessa rilevare come si cerchi di dare alle murature funzionali una certa organicità, alternando i filari di ciottoli con quelli di tegole frammentate, secondo un ritmo presente ovunque il fiume vicino avesse fornito ciottolame da costruzione agli abitanti.
Si veda l’esempio monumentale offerto dalla porta Romana di Torino che alterna il rosso vivo del mattone al bianco di ciottoli in una cadenza estremamente pittorica.
L’esterno del muro aggiunto ad est e a sud testimone ancor più validamente la funzione perimetrale del muro a ciottoli ad est e di quello più arretrato a sud, in quanto è più solido dei muri interni e cammina su uno zoccolo di base a leggero aggetto. Mancano inoltre tutto intorno attacchi d’altre murature o tracce di battuti pavimentali (fig.3).

muri della villa romana della Liberta Peticia di Staranzano
Fig. 3 – Murature della II e della III fase.

Le variazioni ulteriori della pianta interna del complesso, sempre relativa alla zona messa in luce, sono portate da un terzo tipo di muratura, con spessore medio di mezzo metro costruita quasi soltanto con frammenti di tegole uniti da poca malta magra e grigiastra.
Mentre nei muri della seconda fase i frammenti di tegole erano disposti spesso a spina di pesce con gustoso senso decorativo oltre che con praticità di impiego, in questi muretti della terza fase il tono è quello di un arrangiamento strutturale che affastella tegole e mattoni con intendimento puramente funzionale e molta frettolosità esecutiva (fig.4).

il mosaico della villa romana della liberta Peticia di Staranzano si rivela per la prima volta
Fig. 4 – Scavo iniziale del vano A

Sono rappresentativi di questa fase i tre muretti costruiti sopra il pavimento del vano C in direzione Est Ovest ed il grosso basamento quadrangolare nell’area del vano D finora scoperto verso Sud.
La terza fase più che degli ampliamenti sembra quindi aver portato delle aggiunte interne risolte con materiale reimpiegato, tolto da qualche vecchio deposito perché vi si trovano tegole e mattoni di tipi e bolli vari, prevalendo però sempre l’argilla chiare fine tirata forma di spessore sottile.
I bolli più frequenti sono quindi già noti nella zona provenienti dalla fornaci di Q.CLODIUS AMBROSIUS, non che quelle più singolari di B. VETTIA, ASSIANI e L. PET., impressi negli elementi con caratteri diversi tali da dimostrare lo sviluppo nel tempo della produzione. Tipici a questo proposito i bolli della fornace di Q. CLODIUS AMBROSIUS.
Per quanto riguarda i livelli e la pavimentazione dei vani notiamo che i vani B e C legati ai muri più antichi e dagli stessi delimitati, presentano una pavimentazione a terra battuta con inseriti in pittoresco disordine di frammenti di bei ciottoli verdi, grigi, rossi insieme a qualche scaglia di terracotta rosso cupo.
Questo tipo di pavimento, il classico “signinum” di Plinio, è qui mirabilmente conservato nel vano B e continua ad essere in uso nelle fasi successive, mentre nel vano C che subisce l’ampliamento della seconda fase e la modifica della terza, il signinum è coperto dal pavimento della seconda fase a cubetti e regolare di cotto e tessellato normale bicromo, bianco nero con emblema centrale a scacchiera.
Anche il vano A è coperto da un tassellato analogo con la piccola scacchiera al centro, mentre e tutti gli altri ambienti presentano una uniforme e pavimentazione a cubetti di cotto (fig.4).
Il livello dei pavimenti tra la prima e la seconda fase quindi varia di qualche centimetro appena o non varia affatto (fig.5).

muri della villa romana della Liberta Peticia di Staranzano
Fig. 5 – Le tre fasi edilizie nel vano C

A sostegno, ad esempio, delle gronde di scolo del tetto. L’ampliamento della casa verso meridione con muri di tipo diverso riprende infatti il medesimo motivo del contrafforte sul lato Sud. Si noti che la distanza del contrafforte dallo spigolo a Sud Est è circa la stessa su tutti e due i lati. Questa equidistanza che riprende quella degli elementi aggettanti sul lato Est non può essere casuale (fig.2). L’ampliamento della casa avviene dunque come abbiamo or ora notato con struttura di tipo diverso: si reimpiegano i ciottoli risultanti dalla rovina di alcuni tratti dei muri precedenti e ad essi si aggiungono con poca malta gialliccia, più grassa, frammenti di tegole e mattoni sottili giallo chiari di fine argilla cotta in fornace, mantenendo un spessore medio di metri 0,45.

Più che nei muri, dove prevalgono i frammenti di tegole, i mattoni si incontrano numerosi nella terra che viene estratta e testimoniano con probabilità la struttura a file di mattoni regolari che avranno avuto le murature in elevato. Interessa rilevare come si cerchi di dare alle murature funzionali una certa organicità, alternando i filari di ciottoli con quelli di tegole frammentate, secondo un ritmo presente ovunque il fiume vicino avesse fornito ciottolame da costruzione agli abitanti.
Si veda l’esempio monumentale offerto dalla porta Romana di Torino che alterna il rosso vivo del mattone al bianco di ciottoli in una cadenza estremamente pittorica.
L’esterno del muro aggiunto ad est e a sud testimone ancor più validamente la funzione perimetrale del muro a ciottoli ad est e di quello più arretrato a sud, in quanto è più solido dei muri interni e cammina su uno zoccolo di base a leggero aggetto. Mancano inoltre tutto intorno attacchi d’altre murature o tracce di battuti pavimentali (fig.3).

muri della villa romana della Liberta Peticia di Staranzano
Fig. 3 – Murature della II e della III fase.

Le variazioni ulteriori della pianta interna del complesso, sempre relativa alla zona messa in luce, sono portate da un terzo tipo di muratura, con spessore medio di mezzo metro costruita quasi soltanto con frammenti di tegole uniti da poca malta magra e grigiastra.
Mentre nei muri della seconda fase i frammenti di tegole erano disposti spesso a spina di pesce con gustoso senso decorativo oltre che con praticità di impiego, in questi muretti della terza fase il tono è quello di un arrangiamento strutturale che affastella tegole e mattoni con intendimento puramente funzionale e molta frettolosità esecutiva (fig.4).

il mosaico della villa romana della liberta Peticia di Staranzano si rivela per la prima volta
Fig. 4 – Scavo iniziale del vano A

Sono rappresentativi di questa fase i tre muretti costruiti sopra il pavimento del vano C in direzione Est Ovest ed il grosso basamento quadrangolare nell’area del vano D finora scoperto verso Sud.
La terza fase più che degli ampliamenti sembra quindi aver portato delle aggiunte interne risolte con materiale reimpiegato, tolto da qualche vecchio deposito perché vi si trovano tegole e mattoni di tipi e bolli vari, prevalendo però sempre l’argilla chiare fine tirata forma di spessore sottile.
I bolli più frequenti sono quindi già noti nella zona provenienti dalla fornaci di Q.CLODIUS AMBROSIUS, non che quelle più singolari di B. VETTIA, ASSIANI e L. PET., impressi negli elementi con caratteri diversi tali da dimostrare lo sviluppo nel tempo della produzione. Tipici a questo proposito i bolli della fornace di Q. CLODIUS AMBROSIUS.
Per quanto riguarda i livelli e la pavimentazione dei vani notiamo che i vani B e C legati ai muri più antichi e dagli stessi delimitati, presentano una pavimentazione a terra battuta con inseriti in pittoresco disordine di frammenti di bei ciottoli verdi, grigi, rossi insieme a qualche scaglia di terracotta rosso cupo.
Questo tipo di pavimento, il classico “signinum” di Plinio, è qui mirabilmente conservato nel vano B e continua ad essere in uso nelle fasi successive, mentre nel vano C che subisce l’ampliamento della seconda fase e la modifica della terza, il signinum è coperto dal pavimento della seconda fase a cubetti e regolare di cotto e tessellato normale bicromo, bianco nero con emblema centrale a scacchiera.
Anche il vano A è coperto da un tassellato analogo con la piccola scacchiera al centro, mentre e tutti gli altri ambienti presentano una uniforme e pavimentazione a cubetti di cotto (fig.4).
Il livello dei pavimenti tra la prima e la seconda fase quindi varia di qualche centimetro appena o non varia affatto (fig.5).

muri della villa romana della Liberta Peticia di Staranzano
Fig. 5 – Le tre fasi edilizie nel vano C

Interessante è notare i frammenti di intonaco che aderiscono ancora alle pareti est sud e ovest nel vano C e che si fondano sul tessellato pavimentale, dimostrando la precedenza del mosaico nell’ordine dell’esecuzione dei lavori nella casa e la contemporaneità del pavimento in cotto e del tassellato perfettamente suturati (fig 6).

villa romana della Liberta Peticia a Staranzano; murature
Fig. 6 – Tracce d’intonaco sulla parete Sud nel vano C


Rari i frammenti di anfore e vasi, mancante assolutamente ogni tipo di suppellettile, la costruzione innalza debolmente la sua voce da un’unica iscrizione su pietra
.
Come i muri anche la pietra dimostra d’esser stata rielaborata ed incisa in due periodi diversi.
Il tipo e quello di un frammento di piattaforma quadrangolare (57x57x0,90) che sul fianco reca l’epigrafe B.D.V. PETICIA LL AR. e sulla superficie la più tarda scritta NIGELI quasi appena graffita. La pietra è stata rinvenuta nel vano c insieme ad una ancòra in sito priva di iscrizioni ma di proporzioni circa analoghe (59x60x0,09) con foro centrale in superficie.
Allo stato attuale dello scavo che qui semplicemente presento riservandomi ulteriori precisazioni a scavo ultimato per evitare errori di valutazione o di interpretazione così facili sul terreno “a sorpresa” dell’ Archeologia, è possibile dedurre quanto segue: ci troviamo di fronte ad un edificio la cui origine per tipi di strutture di pavimenti può essere posta al confine e tre primo secolo avanti Cristo e il primo secolo dopo Cristo, che si sviluppa con ampliamenti in pianta e pavimentazioni a mosaico geometrico bianco-nero verso il secondo secolo dopo cristo, assumendo in seguito un aspetto particolare.
Quest’ultimo le viene conferito dalle modifiche interne poco canoniche per la vita di una semplice villa rurale, come il primitivo aspetto del complesso ce lo farebbe denominare tipologicamente. Infatti se il vano c nella sua seconda fase fa pensare ad una sua probabile distrazione a triclinio con il pavimento di cotto nell’area di letto tricliniare ed il tappeto musivo l’area libera, nella terza fase è diviso stranamente in quattro piccoli vani che procedono sopra il pavimento in cotto (vedi fig. 1).
Perché?
E quale è lo scopo del grosso basamento quadrangolare costruito in D pure sopra il pavimento in cotto (fig.7)?

villa romana della Liberta Peticia di Staranzano
Fig. 7 – Basamento di cotto della III fase nel vano D

Troppo grande per essere la base di un pilastro o di una colonna, il cubo rimane per ora a sé stante ed aspetta una soluzione nel procedere dello scavo verso Ovest. Ma l’iscrizione trovata apre una possibilità nuova di interpretazione: non potrebbe essere stato adibito ad un certo momento a sacello, a sala di culto privato o pubblico?
Potrebbero esserlo stato qual orrendo descrizione la sigla B.D.V fosse leggibile sicuramente come B(ONAE) D(EAE) V(OTUM),  interpretando la pietra come il basamento di un elemento (labrum?) offerto da Peticia,  probabile liberta di un Lucio, di cognome AR(RIANA?) quale voto alla Bona Dea, divinità molto nota ed onorata della nostra regione (confronta il sacello di Trieste e del culto nell’Istria e nell’Aquileiese), specialmente dalle donne proprio se liberte.
In questo caso non meraviglierebbero la soglia a nord in pietra, rifinita, alta, con i fori laterali per i cardini dei battenti della porta, né le speciali suddivisioni del vano orientale che potrebbero corse essere considerate dei depositi d’offerte o dei segreti recessi di culto (alla Bona Dea si associavano spesso alte divinità), né qualche traccia di transenna forse riconoscibile tra i pavimento in cotto ed il tassellato, lungo la loro sutura, sempre perfetta e stringente, nella zona settentrionale, nè il basamento in pietra in sito sul lato meridionale.
Ma per convalidare le nostre ipotesi dobbiamo ancora attendere finchè la terra ci avrà aperto ogni suo segreto. Notiamo intanto che la gens PETICIA  è ben conosciuta nella X Regio Venezia et Histria attraverso varie iscrizione rinvenute in luoghi diversi, a buona prova della diffusione della famiglia nell’area.
Tracce di fuoco, danni recati ai pavimenti dal materiale rovinato nella caduta dall’alto, documentano il piccolo dramma vissuto dall’edificio forse già in epoca imperiale con la discesa dei premi barbari o delle legioni avversarie nelle lotte imperiali del III secolo.
Il saccheggio o la fuga degli abitanti sotto l’incubo del pericolo ha fatto sì che la suppellettile migliore e quanto era salvabile fosse portato via lontano. Ecco forse perché lo scavo non ha restituito nulla di quanto poteva dirci di più sugli uomini che hanno animato con la loro esistenza il breve tratto di spazio e di tempo compreso tra le mura di ciottoli e mattoni.


Valnea Scrinari

Valnea Scrinari è stata un’ archeologa triestina laureatasi dapprima a Trieste nel 1945 con il professor Mario Mirabella Roberti, di cui fu poi assistente, e poi a Roma, in Lettere classiche. Già Sovrintendente delle Venezie, si dedicò al Museo archeologico di Aquileia per passare successivamente alla Direzione della sovrintendenza alle antichità di Roma e poi di Ostia.